Un classico intramontabile: la frutta secca o "ciociole natalizie"




Ciao amici...-10 a Natale!

Ieri sono andata a fare una ricca spesa di ciociole natalizie. Cosa sono? 

Ah giusto, il termine non sarà noto a tutti, perchè tipicamente partenopeo: per ciociole natalizie a Napoli intendiamo la frutta secca, dunque, noci, nocciole, mandarle, castagne, fichi e datteri (lo sapevate che questi ultimi sono considerati dei portafortuna fin dall'epoca dell'antica Roma), che siamo soliti mangiare in questo periodo. A Natale non possono mancare, magari in un grazioso cestino da presentare a fine pasto come "passatiempo", oppure mentre si gioca (voi li usate i frammenti di guscio per segnare i numeretti sulle cartelle della tombola?) o si inganna l'attesa dei regali. Come potrei dimenticare quegli interminabili e magici pomeriggi a casa dei miei nonni, in cui le ciociole erano le protagoniste indiscusse delle tombolate! 💖

"Ciociola" deriverebbe probabilmente dal "ciocio", lo sciocco, proprio perchè rappresenterebbe un'inezia rispetto ai luculliani pranzi dei giorni di festa.

Eppure, la frutta secca contiene tanti nutrienti importanti, e definirla "una sciocchezza" non è corretto: mi riferisco, in particolare, alle sue proprietà anticancerogene, antiossidanti e cardioprotettive, sempre a condizione di non abusare con i quantitativi (la dose giornaliera indicativa è di circa 40 grammi).

C'è da dire, di contro, che la frutta secca non è tutta uguale e sempre salutare, perchè molto dipende dal Paese di origine e dalle modalità di conservazione. Vediamo.


RISCHI E TUTELA LEGISLATIVA

Da quando gli Egizi introdussero la frutta secca nel Mediterraneo, ne è passato di tempo, ma probabilmente, l'usanza di mangiarla in particolare a Natale risale o alla tradizione di mettere a seccare la frutta dopo l'estate, in modo da poterla consumare nei mesi invernali o a quella, tipicamente del sud, di portarla in omaggio il giorno di Natale, al posto dei più costosi dolci.

Quale sia l'origine della tradizione, resta il fatto che la frutta secca viene spesso conservata vari mesi in condizioni igieniche, di umidità e temperatura non sempre idonee, con la conseguente proliferazione di parassiti o muffe, come quelli che hanno interessato un maxi sequestro di tonnellate di mandorle proprio qualche giorno fa.

Il rischio è rappresentato dalle micotossine, sia durante la conservazione che in campo (specie se i frutti sono maturi) e dalle aflatossine prodotte proprio da alcune muffe, responsabili di pericolose intossicazioni alimentari. 

Questi rischi sono sempre esistiti, ma evidentemente, solo dopo che l'Airc e l'Efsa hanno classificato alcune di loro come potenzialmente cancerogene, si è reso necessario abbassare la soglia consentita negli alimenti con i Regolamenti europei 1881/2006 (e successive modifiche) e 165/2010. Inoltre, l'OMS e la FAO hanno stilato un codice ad hoc, il Codex Alimentarius, che prevede pratiche specifiche di controllo e gestione delle micotossine negli scambi internazionali.

In Italia esiste un piano nazionale di controllo delle micotossine in alcuni alimenti, in cui purtroppo non rientra la frutta secca; discorso diverso per le aflatossine, specificamente contemplate nel caso di frutta a guscio, probabilmente perchè una gran percentuale proviene da Paesi con clima caldo-umido, molto favorevole allo sviluppo delle stesse.

Uno dei Paesi più incriminati è la Turchia, essendo il maggiore produttore mondiale di nocciole (78% di tutta la produzione): spesso, purtroppo e per fortuna, vengono sequestrati carichi, soprattutto di nocciole, provenienti da lì e recanti livelli di aflatossine ben superiori ai limiti massimi previsti dalla legge.


COME DESTREGGIARSI

Quanto sopra deve farci riflettere su un dato: è vero che il rischio contaminazione di prodotti nostrani non è escluso, ma è altresì vero che risulta molto inferiore, vuoi per la normativa più stringente rispetto a Paesi non comunitari, vuoi per le nostre condizioni climatiche, vuoi per delle eccellenze da tutelare (noci di Sorrento, nocciole tonde Igp di Giffoni o del Piemonte, fico bianco del Cilento, per citarne solo alcune). 

Orientiamoci, quindi, verso i prodotti italiani anche in questo caso (non dimentichiamo che il nostro Paese è il primo produttore di nocciole tra i Paesi comunitari) e preferiamo negozi convenzionali e certificati, in cui sia possibile tracciare i prodotti, diffidando dal banco occasionale del mercato. 

Alcuni studi autorevoli ritengono che, inoltre, siano per certi versi da preferire noci, nocciole e mandorle già sgusciate, in quanto il rilevamento di aflatossine avviene attraverso raggi Uv, che verrebbero ostacolati dai gusci. Il rischio, seppur raro, della frutta secca già sgusciata è che potrebbe contaminarsi nella fase di conservazione, ma le grandi aziende adottano precauzioni tali da impedire la quasi totale proliferazione di funghi e muffe.


CONCLUSIONI

Pronti per il vostro cestino o barattolo di frutta secca? 


Suvvia, niente stress o preoccupazioni! L'importante, come vi ripeto sempre, è essere consapevoli di ciò che acquistiamo e portiamo sulle nostre tavole.

Queste, ad esempio, sono delle nocciole di qualità e controllate, prodotte da aziende consolidate e di provenienza tracciabile: di Giffoni, tipicamente tonde  https://amzn.to/3RKpx1t  (della stessa azienda, notevoli anche le noci sgusciate https://amzn.to/48aH34o - in qualità di Affiliata Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei) o del Piemonte https://amzn.to/3RrXD92 (in qualità di Affiliata Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei), a seconda delle vostre preferenze.

Vi lascio con un estratto di una poesia di Gianna Caiazzo, dedicata all'argomento: è in dialetto napoletano, ma il senso è chiaro, tradurla le toglierebbe fascino e musicalità e poi...se volete, sono sempre a disposizione per la traduzione! 😉

"...semmente, pistacchie, cicere ‘ntustate,
p’ accuntentà a mmugliereta, ê ccriature,
ô nonno, â nonna e ppure ê cainate.

Nun ce sta pranzo dint’a ‘sti quartiere
ca nun fernesce cu cchistu capriccio,
'nfra ‘na resata e ‘nu bicchiere ‘e vino
‘na chiacchierata e ‘na battuta ‘e spiccio...".


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