'NA TAZZULELLA 'E CAFÉ




Ciao amici, oggi voglio darvi il buongiorno con una bella tazzulella di caffè!

Si sa, a Napoli il caffè è un vero e proprio rito, ma in Italia è ovunque associato ad un momento di relax e piacere...o almeno così dovrebbe essere: i ritmi sempre più frenetici della vita moderna, infatti, ci costringono a berlo spesso in piedi anche se siamo a casa, non assaporandolo a dovere come andrebbe fatto. E così quello che dovrebbe essere un piacere per l'animo ed il palato, un momento di convivialità e socialità, viene inevitabilmente sminuito a funzione meramente strumentale al bisogno di restare svegli e carichi...quasi come se alla domanda: "Vuoi un caffè?" rispondessimo: "No grazie, solo caffeina". 

Che tristezza, se ci pensiamo! 😕

Ma questo è anche uno dei motivi per cui sono nati i distributori automatici di bevande (che il grande Eduardo De Filippo avrebbe definito, al sapore di "scarrafone"!!) o le macchine da caffè con le cialde e le capsule. 

Ormai risulta difficile anche solo ricordare quale fu la prima caffettiera, ma chiediamoci se con quelle che l'hanno nel tempo sostituita, il risparmio di tempo si accompagni sempre alla buona riuscita del prodotto finale e si traduca in un vero vantaggio per noi.


CAFFETTIERE DI IERI E DI OGGI

Come ben saprete, il caffè arrivò in Europa nel 1600 dall'Oriente, per cui in quei Paesi si usava già qualcosa per prepararlo. Si trattava di una caraffa in terracotta, la jebena (tuttora usata in Etiopia), in cui veniva bollita la polvere di caffè insieme all'acqua ed il tutto veniva filtrato al momento della mescita tramite un pezzetto di stoppa inserito nel beccuccio. Si organizzarono in modo simile anche inizialmente in Europa, Francia in testa, dove fu inventato un sacchetto poroso, antesignano dei moderni filtri.

La vera svolta si ebbe a Napoli nel 1800 con l'invenzione della "cuccumella"...l'avete presente?




Mia mamma ce l'ha ancora  a casa e quando a volte la usa, rigorosamente con il coppino (un conetto di carta da appoggiare sul beccuccio per non far disperdere l'aroma), rivivo quella stessa atmosfera magica di Eduardo nella scena del balcone di " Questi fantasmi". Si trattava di una caffettiera rigorosamente in alluminio (per le sue ottime proprietà di conduttore, ma ne esistono anche versioni moderne in acciaio o ceramica) in tre parti: l'acqua andava inserita nella parte inferiore, la superiore (quella, per intenderci con beccuccio) veniva lasciata vuota ed il caffè andava in un apposito serbatoio intermedio, cavo con filtro. Una volta che l'acqua bolliva, la caffettiera andava girata con un colpo secco, di modo che l'acqua andasse a mischiarsi con la polvere nella parte di sotto. Un procedimento un po' laborioso forse, ma che regalava un caffè dal sapore robusto e duraturo.

Poi, negli anni '30, l'imprenditore Alfonso Bialetti inventò la moka (dal nome di una delle città dello Yemen originarie del caffè), che permise di eliminare il passaggio del capovolgimento della cuccumella.  

Oggi la moka è ancora presente nella maggior parte delle case, ma spesso solo per ricordo o per ricorrervi, magari, in caso di mancanza di energia elettrica! Eh sì, perchè risulta molto più pratico utilizzare cialde, capsule o macchine elettriche, che impiegano sì polvere di caffè, ma semplificano molto i passaggi rispetto ad una moka. 

I risultati sono ottimi, nulla da eccepire, ma facciamo davvero una scelta intelligente?


L'IMPATTO DELLE MACCHINE DA CAFFE' SULL'AMBIENTE E LA SALUTE

Non voglio dilungarmi sulle caffettiere tradizionali, ma è importante che sappiate che nella terracotta smaltata (come la jebena) sarebbe opportuno non conservare mai gli alimenti (quindi, nemmeno il caffè avanzato), e discorso analogo vale per l'alluminio, da cui potrebbero teoricamente migrare particelle nel nostro caffè, soprattutto quando le caffettiere son un po' datate. E dire che in passato si riteneva che quanto più vecchia fosse una caffettiera, tanto più il caffè venisse buono, perchè si era ben "impregnata" dell'aroma! Il discorso dell'alluminio potrebbe valere a maggior ragione per le capsule tradizionali, dove viene impiegato per proteggerle da umidità e calore e in cui il caffè può restare anche per un tempo molto lungo? Non direi, anche perchè altrimenti si estenderebbe a tutte le confezioni di caffè in plastica-alluminio e dovremmo ricorrere al caffè fresco da tostare! Il problema si pone quando l'alluminio entra in contatto con l'acqua bollente, ma studi specifici hanno dimostrato che i livelli di migrazione sono assolutamente trascurabili, a meno che la superficie non venga alterata lavandola in lavastoviglie, con detergenti o con spugnette molto abrasive. 

Torniamo alle capsule in alluminio: il loro grande problema è l'impatto ambientale, con ricaduta ovviamente indiretta sulla nostra salute. Se proprio non si vuole rinunciare alla loro comodità o al loro costo inferiore rispetto alle capsule compostabili, come queste https://amzn.to/3Q3hM4u (ma sicuramente superiore rispetto al caffè in polvere!), dovremmo avere almeno l'accortezza (e la decenza!) di consentirne il riciclo: oltre le arre dedicate in varie isole ecologiche, molte case produttrici di capsule dispongono di apposite aree riciclo in cui riconsegnarle per permetterne il riutilizzo. 

A fronte dell'enorme impatto ambientale (in Italia si consuma più di un miliardo di capsule all'anno, di cui decine di tonnellate finiscono in discarica), sarebbe davvero un piccolo gesto che non ci costa nulla.

 A livello europeo qualcosa si sta muovendo in ordine alla proposta di associazioni di ambientalisti di includere anche le cialde non compostabili tra gli imballaggi monouso da vietare nel prossimo futuro; alcune città, dal canto loro, hanno già fatto scelte importanti sulle capsule in alluminio, come Amburgo, nei cui palazzi governativi sono state vietate.

Discorso totalmente diverso per le cialde, in carta di riso compostabile e dunque smaltibili nell'umido; a ben guardare, le cialde contengono il quantitativo esatto per riempire una tazzina di caffè, dunque gioca  a loro ulteriore favore anche il fatto di evitare gli sprechi di prodotto.

Quanto, infine, al caffè solubile, quello per intenderci da preparare mescolandolo all'acqua bollente, io lo sconsiglio vivamente, perchè il processo di atomizzazione a cui viene sottoposto raddoppia la percentuale di acrillammide già prodotta dalla tostatura del caffè (vi rimando al capitolo 3 del mio libro Il cervello nel carrello su "L'ingrediente fantasma: l'acrilammide").


COME LO PREPARIAMO, DUNQUE, QUESTO CAFFÉ?

E' normale che ognuno di noi abbia i propri gusti e le proprie preferenze; è altrettanto legittimo che ognuno, poi, faccia i conti con le proprie tasche e dunque orienti anche le scelte alimentari in base alla propria disponibilità. E, però, secondo me sacrosanto impegnarsi a fare scelte sempre più green, perchè anche scegliendo cosa mangiare o bere possiamo influire sul nostro futuro, e davanti a ciò non ci sono logiche utilitaristiche che reggano.

Il mio consiglio spassionato è di non abbandonare (o tornare) alla cara vecchia miscela, forse meno affascinante e divertente da acquistare, sicuramente più limitata quanto ad aroma, corposità e gusto, ma decisamente più AUTENTICA.
Io sto seriamente pensando di farmi regalare a Natale un macinatore di chicchi di caffè (con il frullatore non si riesce ad ottenere una polvere adeguatamente fine ed il mortaio o il caro vecchio macinino mi sembrano, sinceramente, eccessivi😅): vuoi mettere il gusto di tostare i chicchi in forno, regalando alla tua casa l'aroma di una torrefazione, e preparare una gran bella tazza di caffè con quei chicchi appena macinati? 

Già lo sto immaginando e pregustando...😍




Commenti

  1. Con questA disquisizione .mi hai fatto venire una gran voglia di caffè fatto alla maniera di Eduardo




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